Credo che, per una raccolta di minigiochi come questa, il ritmo sia molto importante. Avete mai avuto problemi in proposito?
Sì, con il minigioco Flipper, sviluppato da Niitani-san.
È vero. Abbiamo avuto difficoltà a stabilire se dovevamo creare un livello unico o predisporre più livelli separati. Alla fine abbiamo scelto di dare ai giocatori la possibilità di ripetere un determinato livello e li abbiamo separati, ma se avessimo voluto privilegiare il ritmo avremmo dovuto creare un gioco senza interruzioni.
I tempi morti non sono mai piacevoli. Fanno passare la voglia di giocare.
Tra febbraio e marzo, quando abbiamo messo insieme i vari minigiochi, abbiamo risolto anche i problemi di questo tipo: tempi troppo stretti in determinati livelli, tutorial troppo lunghi. E nella valutazione di ogni gioco abbiamo tenuto conto anche del ritmo: ci siamo assicurati ad esempio che le medaglie apparissero nei tempi giusti, abbiamo adeguato le connessioni tra le varie sequenze, abbiamo cercato di evitare che i tutorial fossero noiosi.
Avete mai avuto il timore di non riuscire a metterli tutti insieme?
Sì. Odio ammetterlo, ma quando osservavo l’andamento dei lavori dei vari team pensavo che non si stessero muovendo abbastanza velocemente. Nonaka-san mi disse che rischiavamo di non farcela, dunque cercammo di fare il possibile per rimanere nei tempi stabiliti. Poi, un giorno, abbiamo smesso di osservare il lavoro degli altri e ci siamo detti: “Saremo noi a sopravvivere!”. (ride)
Quindi osservare gli altri giochi è stato utile, ma avete anche rischiato di essere esclusi dalla gara.
Stavolta il nostro approccio è stato quello di prendere le decisioni al momento di riunire tutti i giochi. Non avevamo detto alle altre aziende in quale ordine sarebbero stati messi i giochi o quanti ce ne sarebbero stati. Potevano essere 12 o 14, ma anche 8. Mi dispiace dovervelo dire ora! (ride)
Per tutto il tempo abbiamo pensato: “Non ce la faremo mai!”. Siamo arrivati alla fine di gennaio con il lavoro quasi completato, come da relativa tabella di marcia, ma quando abbiamo osservato la situazione delle altre aziende abbiamo visto che nessuna di loro sembrava aver finito! Eravamo molto preoccupati, non sapevamo cosa stesse succedendo.
Quali erano i giochi che a gennaio vi preoccupavano di più?
Occhio all’orto e Rimbalzello. (ride) In tutta onestà, pensavamo che non sarebbero stati inclusi. In Occhio all’orto, in particolare, a fine gennaio non si poteva ancora colpire neanche una talpa! (ride)
Il progetto era partito in ritardo.
Poi un giorno, all’improvviso, pensai: “Forse Tiro al bersaglio potrebbe farcela!”. In realtà avevamo detto a Nintendo che volevamo realizzare una sorta di filo conduttore tra tutti i giochi. Più tardi Nonaka-san ci chiese di realizzare un modello, perché voleva che in tutti i minigiochi apparissero degli UFO, quindi pensai: “Se vuole un modello, forse non intende eliminarci”. (ride)
Ah, quindi l’UFO di Tiro al bersaglio compare in tutti i minigiochi?
Esatto. Appare in un punto preciso di ogni minigioco.
Taniguchi-san, anche voi avete avuto delle difficoltà?
Sì. Quasi sempre! Avevo sentito che Turbombrello era visto positivamente, ma improvvisamente notai che il numero di minigiochi era diminuito rispetto a ciò che mi ero immaginato, e iniziai a chiedermi se fosse tutto a posto. (ride)
Esatto. Veniva da pensare: “Eh? Quel gioco è andato!”.
Perché non potevate avere una visione d’insieme.
Proprio così. Non conoscevamo le posizioni degli altri concorrenti. Ma alla fine siamo riusciti a creare un ottimo prodotto, e ne sono davvero felice.
E lei, Eto-san?
Io ero più preoccupato di come riunire tutti i giochi. Ognuno di noi stava sviluppando minigiochi dotati di caratteristiche davvero peculiari, e temevo che inserendoli in un unico pacchetto avremmo creato qualcosa di incoerente. Ma quando provai la versione ROM, ebbi come la sensazione che il gioco fosse stato realizzato da un’unica azienda.
Anche lei era preoccupato, Niitani-san?
Io avevo l’incarico di dirigere il quadro generale dei lavori, dunque ho sempre vissuto il processo di sviluppo con un certo disagio! (ride) Avevo paura che i tempi dello sviluppo fossero troppo brevi, ero incerto su come coordinare un numero così elevato di collaboratori, non sapevo bene come riunire i vari prototipi... Poi, a gennaio, ho iniziato a preoccuparmi anche del fatto che non saremmo riusciti a rispettare la data di consegna. (ride) Mi sono calmato solo a marzo!
Questa è stata la sua prima esperienza nella realizzazione di un gioco?
Sì. È stata la prima volta in cui ho dovuto occuparmi dello sviluppo di un gioco dalla fase dei prototipi fino alla forma finale, dunque all’inizio ho pensato: “Dovrò fidarmi ciecamente di Nonaka-san e seguire le sue indicazioni!” (ride)
“Se cado io, cade anche lui!”. (ride)
Ripensando a quel periodo, quale credete sia stato il fattore che vi ha permesso di ricomporre il tutto? Lei che ne pensa, Funaki-san?
Ricordo di aver pensato che il gioco avrebbe funzionato quando le icone del menu principale sono state disposte in forma ellittica, anziché nella forma cubica prevista inizialmente. È stato allora che ho pensato che i minigiochi fossero stati uniti in modo armonioso.
Abbiamo cambiato quella disposizione a causa di un suo commento, Iwata-san. Un giorno ci ha detto: “La disposizione a forma di cubo è temporanea?”. Noi avevamo pensato di lasciarla così, ma...
Quando più persone dotate di una sensibilità diversa si trovano a lavorare tutte insieme, si crea una sorta di reazione a catena: magari qualcuno fa un commento spontaneo o mostra un suo risultato, e questo ha un effetto su varie persone e produce dei cambiamenti.
Sicuramente lavorare insieme ad altri crea una pressione maggiore sulla qualità del prodotto, che si avverte meno quando si lavora da soli.
Perché si hanno più occhi puntati addosso. Credo sia per questo che il gioco è così rifinito. Soprattutto nelle fasi finali, quando ognuno di voi ha osservato i minigiochi sviluppati dagli altri team, ha capito cosa correggere e ha dato forma al prodotto, sono cambiate molte cose e tutto è andato al suo posto. Lei che cosa pensa, Mizobe-san?
Credo che un altro filo conduttore dei vari minigiochi sia il fatto che i personaggi sono sempre i Mii. In Tiro al bersaglio, ad esempio, all’inizio il Mii del giocatore assume una posa molto simpatica, mentre in Casa infestata amici e familiari possono indicarti dove sono i fantasmi, dunque l’atmosfera di ogni minigioco ti spinge a giocare insieme agli altri.
È vero. Ebisu-san?
Abbiamo prodotto i suoni autonomamente, ma quando Nintendo ha “amalgamato” il sonoro il risultato è stato strabiliante. Ho capito che l’adeguamento dei suoni e del ritmo ha un effetto specifico sui tempi dell’intero gioco.
Takahashi-san, all’inizio pensava di avere la possibilità concreta di creare un prodotto così omogeneo e di qualità?
Beh, ce l’abbiamo fatta proprio perché pensavamo di averne la possibilità. (sorrisetto beffardo) Ma se pensiamo a Wii Play, non è un gioco così omogeneo.
Sì, in quel caso i minigiochi sono molto diversi tra loro. Il progetto di Wii Play è nato dalla volontà di (Shigeru) Miyamoto-san, secondo il quale non utilizzare il software creato per la fase sperimentale dello sviluppo della console Wii sarebbe stato uno spreco. Non avevamo mai lanciato un prodotto del genere, ma Miyamoto-san era convinto che unire più giochi diversi avesse un enorme potenziale. Quel gioco è stato sviluppato proprio grazie alla sua lungimiranza.
Quel gioco non dava un’idea di uniformità, così ho pensato che cercare di far emergere il carattere di ogni azienda per creare un qualcosa di distintivo sarebbe stata la scelta giusta.
Volevate che ogni minigioco avesse una sua caratteristica distintiva.
Sì, e volevamo che fossero collegati gli uni agli altri attraverso il suono, l’interfaccia utente e altri elementi. Ecco perché, all’inizio dell’anno, la qualità è aumentata così tanto. In realtà il gioco è stato assemblato anche più velocemente di quanto mi aspettassi. (ride) Sono davvero soddisfatto del risultato.
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